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MUSICA DE LOS OCHENTA: de 1680, 1780, 1880 y 1980 :-) Las mejores grabaciones de Opera, Musica clásica, Pop EuroDance, Carátulas Customizadas y más.

martes, 8 de noviembre de 2011

OperasCombinadas: VIVALDI & HANDEL: Giustino

Aqui tenemos dos óperas de dos maestros sobre el mismo personaje: el Emperador Justiniano, Giustino, que de ser un humilde campesino llegó a ser emperador romano. Ambas obras están muy bien, pero la grabación de Curtis de la ópera de Vivaldi está muy reducida y es apenas una selección de "highlights" que nos deja con ganas de más (hay una versión completa de Bongiovanni, en estudio, muy recomendable, pero que no está disponible para descargar).
Las óperas de Handel y Vivaldi se complementan muy bien, y donde una es un poco lenta la otra es dinamismo puro, una tiene recitativos cortos, otra larguísimos,, asi que yo las combino en el iPod, con lo mejor de cada una.



Il Giustino (catalogo RV 717) è un’opera in tre atti di Antonio Vivaldi, composta nel 1724 su un vecchio libretto, più volte rimaneggiato, del conte Nicolò Beregan (1683), ulteriormente rivisto per l'edizione musicata da Vivaldi (forse ad opera di Antonio Maria Lucchini, già librettista della Tieteberga e, in seguito, del Farnace).[1]

L'opera fu commissionata a Vivaldi da Federico Capranica per il teatro romano della sua famiglia,[2] dopo il successo dell'Ercole sul Termodonte nel 1723, ma fu eseguita solo dopo la morte del committente, quale seconda opera della stagione di carnevale del 1724. Essa fu l'ultima opera composta dal maestro veneziano per la piazza di Roma, e, come ivi di regola a causa del divieto di calcare le scene imposto alle donne,[3] tutti i personaggi furono interpretati da cantanti maschi, per la stragrande maggioranza castrati. Il ruolo di prima donna (Arianna) era coperto dal celebre sopranista Francesco Fontana, detto il Farfallino, che "fu interprete di tutti i principali ruoli femminili nei drammi romani scritti da Metastasio".[1]

Il libretto è conservato, assieme alla musica, nell'archivio vivaldiano della Biblioteca Nazionale di Torino. Era stato scritto, oltre quarant'anni prima della versione vivaldiana, dal conte Nicolò Beregan e, suddiviso in un prologo e tre atti, era stato messo in musica per la prima volta a Venezia, nel 1683, da Giovanni Legrenzi, diventando quindi "con le sue sei riprese accertate, ... una delle opere più popolari del Seicento".[1] Il libretto era stato quindi ripetutamente ritoccato e rimaneggiato, in particolare dall'abate Giulio Convò nel 1703 per uno dei primi esperimenti operistici di Domenico Scarlatti[4], e poi, nel 1711, Pietro Pariati lo aveva adattato a cinque atti per Tommaso Albinoni. "Il libretto utilizzato da Vivaldi riprende il testo di Beregan, modificato da Pariati, con delle nuove profonde modificazioni",[2] tra cui il ripristino della struttura in tre atti (senza prologo). Successivamente, il libretto sarebbe stato ripreso e musicato, previe ulteriori modifiche, da Haendel, nel 1737.[1]

Dal punto di vista della composizione musicale, «nel Giustino Vivaldi ricorse frequentemente alla tecnica dell’autoimprestito e impiegò una notevole quantità di musica preesistente, riadattando 22 numeri vocali (circa metà del totale), spesso integrandoli con numerosi ritocchi: il compositore allestiva così una specie di ‘antologia personale’ in onore del pubblico romano».[1]

L'opera è stata ripresa in epoca moderna nel 1985 in una produzione diretta da Alan Curtis e rappresentata al Teatro Olimpico di Vicenza, all'Opéra Royal della Reggia di Versailles e al Teatro La Fenice di Venezia. Secondo i dati riportati da Le magazin de l'opéra baroque, una successiva rappresentazione in forma di concerto si è tenuta al Mégaron Musikis di Atene nel 2007, mentre un'ulteriore ripresa in palcoscenico, per un totale di dodici spettacoli, ha avuto luogo, a cavallo tra il 2008 e il 2009, allo Staatstheater di Oldemburgo.

Come detto sopra, "il Giustino" rappresenta un'opera di transizione: Vivaldi utilizza molte arie da opere precedenti (circa una ventina in tutto), ma ne scrive molte di nuove: notevole è l'uso del motivo principale del primo movimento de La Primavera nel primo atto, poco prima dell' entrata in scena della Fortuna, che predice a Giustino il suo glorioso futuro. In sostanza, quest'opera rappresentava, per il Vivaldi desideroso di farsi conoscere sui palcoscenici italiani, una specie di antologia.

Il contrasto fra parti "vecchie" e parti più recenti non è colmato del tutto, anzi rimane molto evidente, nella strumentazione anzitutto, e nella maggiore complessità formale, e ampiezza, delle arie scritte ex novo. L'impegno richiesto per il teatro romano era abbastanza gravoso, per le richieste dei cantanti anzitutto: per decreto papale, nei teatri romani le donne non potevano cantare. Di conseguenza, tutte le parti vocali nei registri acuti (soprani e contralti) erano affidate ai divi del tempo, cioè ai cantanti castrati: oltre al già citato Farfallino (Arianna), i primi interpreti furono Paolo Mariani nel superbo ruolo di Anastasio, e Giovanni Ossi in quello di Giustino.

La strumentazione è alquanto variegata: un esempio famoso è l'aria "del sonno" Bel riposo de' mortali di Giustino (Atto I, Sc. 4), un'aria pastorale in ritmo di siciliana orchestrata con violini, oboi e flauti all'unisono sopra un bordone di viola, violoncello e basso. Celebre è pure l'aria di Giustino Ho nel petto un cor sì forte (Atto II, Sc.9), un'aria eroica con salterio solista e archi in pizzicato che proietta il finale del secondo atto verso atmosfere esoteriche.

In un'opera di argomento romano non mancano pezzi orchestrati con trombe e timpani: la fanfara riecheggiante Claudio Monteverdi che precede l'aria col coro di Arianna Viva Augusto, eterno Impero (Atto I, Scena 2); l'aria di Vitaliano All'armi, o guerrieri (Atto I, Scena 9) che è una tipica aria eroica con tromba solista.

Ben presenti sono come di consueto le arie barocche di imitazione naturale, nelle quali Vivaldi era un vero maestro: l'aria con l'ottavino Augelletti garruletti (Atto II, Scena 5) che imita il canto degli uccelli; l'aria di Vitaliano Quel torrente che s'innalza (Atto II, Scena 4), nella quale gli archi imitano con le loro figure lo scorrere tumultuoso delle acque di un torrente (tra l'altro, quest'aria comparirà tale e quale, testo compreso, nel Farnace, trasposta per la voce di baritono).

Magistrale è pure l'aria di Anastasio all'inizio del secondo atto, Sento in seno ch'in pioggia di lacrime (Atto II, Sc. 1), dove i violini sono divisi in due sezioni, di cui una suona in pizzicato, e una con l'archetto, in modo da imitare lo scorrere delle gocce di pioggia: è notevole come Vivaldi attribuisca un'aria del genere all' imperatore Anastasio, in qualche modo sottolineandone l'umanità e non il ruolo politico. Famosa è pure l'aria Sventurata navicella (Atto II, Scena 13), uno dei cavalli di battaglia di Vivaldi, recuperata dall'Orlando finto pazzo, alla quale si riferisce il famoso detto del Maestro veneziano:


« Se questa non piace, non voglio più scrivere di musica »

Personaggi e interpreti

Ruolo Registro vocale del primo interprete Cast della prima, carnevale 1724[2][5]
Anastasio, imperatore di Bisanzio soprano castrato Giovanni Ossi
Arianna, sua sposa (travesti) soprano castrato Giacinto Fontana, detto Farfallino
Giustino, contadino, poi imperatore, fratello di Vitaliano e Andronico contralto castrato Paolo Mariani
Leocasta, sorella d'Anastasio (travesti) soprano castrato Girolamo Bartoluzzi, detto il Reggiano
Vitaliano, tiranno dell' Asia tenore Antonio Barbieri
Andronico, fratello di Vitaliano, amante di Leocasta contralto castrato Francesco Antonio Giovenale
Amanzio, generale bizantino soprano castrato Carlo Pera
Polidarte, capitano di Vitaliano tenore Francesco Pampani
la Dea Fortuna sul suo carro (travesti) soprano castrato Biagio Erminii (?)[5]
la voce di Vitaliano Seniore tenore [6]
Corte di principi, dame e cavalieri, guardie: coro

Trama

L'opera si finge a Bisanzio, durante l'epoca dell'Impero Romano d'Oriente.[7]

Atto primo

Mentre a corte si stanno svolgendo le celebrazioni per l'incoronazione del nuovo imperatore Anastasio e per le sue nozze con Arianna, giunge la notizia che le truppe del nemico invasore Vitaliano hanno attraversato il Bosforo. L'ambasciatore di questi Polidarte giunge a palazzo recando offensive condizioni di pace, tra le quali è anche compresa la concessione della mano di Arianna al suo sovrano. Anastasio respinge con sdegno le proposte di Polidarte e parte incontro al nemico, seguito dall'indomita Arianna che è decisa a condividerne la sorte sul campo.

In campagna, il giovane contadino Giustino si addormenta vagheggiando la gloria militare e gli compare in sogno la dea Fortuna (annunciata da un'«allegra sinfonia» che riprende la melodia del primo movimento del concerto La primavera), la quale gli promette allori, trono e gloria se egli sarà capace di affrontare ardimentosamente il suo destino. Appena risvegliato e ben deciso a seguire le indicazioni della dea, Giustino ha subito l'occasione di mettersi in mostra salvando da un orso la sorella dell'imperatore, Leocasta, la quale, colpita dal valore e anche dalla bellezza del giovane, lo invita a seguirla a corte, dove si trova anche sotto le mentite spoglie femminili di Flavia, sedicente principessa fuggitiva, il fratello di Vitaliano, Andronico, che è innamorato di Leocasta.

Mentre Giustino, anche grazie ai buoni uffici della sorella dell'imperatore, è diventato soldato agli ordini di Anastasio e parte per il campo intonando la sua prima aria eroica, sull'altro lato della barricata Vitaliano è riuscito a fare prigioniera l'improvvida Arianna, la quale resiste tuttavia sdegnosa a tutte le sue profferte amorose ed è quindi condannata ad essere legata su una roccia e data in pasto ad un mostro marino. L'atto si chiude con il mesto e tenero canto di addio della ragazza.

Atto secondo

Nel corso di una burrasca, la nave che porta Anastasio e Giustino fa naufragio su una spiaggia deserta e, mentre Anastasio piange la perduta Arianna, i due si mettono in cerca di un riparo. Un mostro terribile sorge allora dalle acque e si dirige verso la misera ed incatenata Arianna, l'eco delle cui grida disperate giunge però fino a Giustino, il quale si precipita ad affrontare ed uccidere il mostro. Anastasio e Arianna sono così riuniti e tutti possono riprendere il mare a seguito del calmarsi della tempesta. Quando Vitaliano, pentito, sopraggiunge in cerca di Arianna, trova soltanto il cadavere del mostro e si ripropone quindi di conquistare il cuore della ragazza grazie al suo sincero pentimento.

A palazzo Arianna cerca di riprendersi dalle disavventure che le sono capitate, assistita da Leocasta, quando Anastasio, cinto di lauri, annuncia la sua vittoria e la cattura di Vitaliano, e loda pubblicamente il grande valore di Giustino, il quale è stato determinante per la vittoria e che ottiene ora di tornare in campo per finire il lavoro. Le sue fortune destano però l'invidia del generale cortigiano e traditore, Amanzio, il quale decide di usare contro di lui l'arma della calunnia, lasciando intendere ad Anastasio che il giovane abbia delle mire sul trono e sulla stessa Arianna. L'imperatore, inizialmente del tutto incredulo, comincia ad essere roso dal dubbio quando Arianna tesse davanti a lui le lodi sperticate del suo presunto rivale. Intanto Leocasta e Flavia/Andronico decidono di travestirsi da soldati per seguire Giustino al campo, ma durante la strada Flavia si rivela alla principessa e tenta di forzarne i favori. Leocasta viene salvata da Giustino e i due si dichiarano reciproco amore. L'atto si chiude "con un’aria eroica [di Giustino] accompagnata da archi e salterio solista, forse concepita per un virtuoso dello strumento e per un tipo molto particolare di salterio".[1]

Atto terzo

Mentre Vitaliano e i suoi soldati riescono a fuggire dalla prigionia bizantina, Anastasio viene vinto definitivamente dalla gelosia allorquando nota Giustino indossare una cintura che lui stesso aveva donato ad Arianna, e che poi la ragazza aveva a sua volta offerto al giovane vittorioso, in premio per il suo valore. Giustino viene condannato a morte e Arianna accusata di adulterio; Leocasta, per parte sua, decide di liberare il giovane o di morire con lui.

Approfittando della caduta in disgrazia di Giustino, Amanzio decide di tentare la sorte e detronizza ed imprigiona Anastasio, prendendo il suo posto sul trono. Leocasta però riesce a far fuggire il suo amato, che, addormentatosi in una zona selvaggia e montagnosa, viene peraltro successivamente sorpreso nel sonno da Vitaliano: questi è sul punto di ucciderlo, quando, anche per l'intervento ultraterreno della voce del padre, riconosce in Giustino un fratello perduto, rapito nella culla da una tigre. I due si abbracciano e Vitaliano accetta di aiutare Giustino a restituire il trono al deposto Anastasio.

Nel palazzo imperiale, Amanzio condanna il suo infelice predecessore e Arianna alle più crudeli torture, quando un suono di trombe e le grida della folla annunciano l'arrivo degli armati di Giustino e Vitaliano. Amanzio è vinto e catturato, Anastasio restituito al trono e all'amore di Arianna, Vitaliano riconosciuto come amico, mentre Giustino ottiene la mano di Leocasta e l'incoronazione a co-imperatore a fianco di Anastasio, "e tutti si ritrovano in un gioioso coro finale in forma di ciaccona".[2]

Discografia

Come per molte opere barocche, l'interesse per l'esecuzione de Il Giustino è abbastanza recente: una difficoltà aggiuntiva è data dal fatto che Vivaldi, nel musicare il testo seicentesco prolisso del conte Beregan, scrive una opera che nella sua versione integrale arriva alle cinque-sei ore, un caso piuttosto eccezionale anche per l'epoca. Esistono in commercio due versioni discografiche, registrate e fatte uscire in contemporanea, di cui una (quella di Alan Curtis) notevolmente più breve dell'altra (curata da Esteban Velardi). La prima versione falcidia i recitativi, espunge parecchie arie e cancella integralmente il ruolo dell'intrigante terzo fratello, Andronico: Curtis giustificò i suoi giudiziosi tagli con la necessità di rendere abbordabile una partitura che, a sua detta, sarebbe apparsa già lunga anche al pubblico del XVIII secolo, "idea piuttosto curiosa tenuto conto del grande successo riscosso dal Giustino all'atto della sua creazione a Roma".[8]. La versione diretta da Esteban Velardi, al contrario, "riprende nota per nota l'integralità della partitura"[8], ed è quindi un'edizione "arcicompleta...con tutti i suoi recitativi, tutti i cori, e il ruolo di Andronico ripristinato con le sue tre arie"[9]: dura oltre quattro ore e mezza e si compone di ben quattro CD.

  • Alan Curtis, Il Complesso Barocco: Francesca Provvisionato (Giustino), Geraldine McGreevy (Leocasta), Dominique Labelle (Arianna), Marina Comparato (Anastasio), Leonardo de Lisi (Vitaliano), Laura Cherici (Amanzio) - Virgin, 2 CD, 2002 (registrato nella Grote Zaal del Concertgebouw De Doelen di Rotterdam, l'8 ottobre 2001)
  • Esteban Velardi, Alessandro Stradella Consort: Gianluca Belfiori Doro (Giustino), Linda Campanella (Leocasta), Silvia Bossa (Arianna), Manuela Custer (Anastasio), Leonardo de Lisi (Vitaliano, Polidarte), Cristiana Presutti (Amanzio), Vincenzo Di Donato (Polidarte), Francesca Tancredi (la Fortuna), Cristiana Emoli (Andronico) - Bongiovanni, 4 CD, 2002 (registrato nell'Oratorio S. Erasmo di Sori dal 21 al 30 settembre 2001)
Vivaldi
Il Giustino, RV 717
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Handel
Giustino, HWV 37

Giustino è un'opera lirica di Georg Friedrich Händel su un libretto anonimo, rivisto da Nicolò Beregani e Pietro Pariati. La prima rappresentazione dell'opera avvenne al Royal Theatre di Covent Garden a Londra, il 16 febbraio 1737.
L'opera di Haendel si rifà all'omonima opera di Vivaldi, seguendo lo stesso libretto, ma eliminando il personaggio di Andronico-Flavia e rivisitandolo


Trama

Atto I

Durante i festeggiamenti per il matrimonio tra Arianna e Anastasio, Amanzio consiglia all'imperatore di smetterla di pensare all'amore. Infatti il nemico Vitaliano sta avanzando. In quel momento entra l'ambasciatore da parte Vitaliano, Polidarte, che comunica le condizioni di pace: la guerra cesserà se Anastasio concederà al nemico Arianna. Anastasio ovviamente si adira, e parte contro il nemico, dicendo addio alla moglie; ma Arianna, innamorata troppo del marito, decide di seguirlo nell'esercito.
In un campo, il pastore Giustino è insoddisfatto del suo ruolo, e vorrebbe mostrare il suo valore. Mentre si addormenta, compare su un carro alato la Fortuna che gli preannuncia ricchezze e onori. Appena si sveglia soccorre una ragazza, Leocasta, e la salva dall'orso che la inseguiva. Leocasta lo ringrazia e rivela di essere sorella dell'imperatore, e conduce il pastore al cospetto di Anastasio. Anastasio tuttavia è triste perché ha saputo che Arianna è stata catturata. Giustino si offre di liberarla.
Vitaliano intanto, ammaliato da Arianna, le offre il regno in cambio della salvezza, ma lei rifiuta, ancora fedele al marito.

Atto II

Arianna viene legata su una rupe, lasciata in balia di un mostro che vuole divorarla. Giustino arriva e riesce a salvarla, e la riporta da Anastasio. Leocasta manifesta in un'aria il suo amore impossibile verso Giustino (Sventurata navicella).
Vitaliano è caduto prigioniero di Anastasio, che ricopre di onori Giustino, suscitando l'ira di Amanzio, che giura vendetta. Vitaliano viene condotto ai piedi di Arianna, alla quale, prima di morire, chiede di rivolgergli uno sguardo amoroso. Arianna rifiuta sdegnata e Vitaliano viene condotto via.

Atto III

Vitaliano riesce ad evadere dalla sua prigione, e giura vendetta.
Amanzio manifesta la sua invidia nei confronti di Giustino all'imperatore Anastasio, al quale dona una cintura. L'imperatore accetta il dono, che regala all'imperatrice. Arianna, a sua volta, dona la cintura a Giustino, per ringraziarlo. Amanzio assiste a questa scena e rivela tutto all'imperatore. Anastasio condanna a morte Giustino, che protesta la sua fedeltà. Leocasta si infuria per il tradimento di Giustino ma sente di amarlo ancora, e lo libera dalla sua prigione.
Giustino si addormenta in un paesaggio montuoso, e viene raggiunto da Vitaliano, deciso ad eliminarlo. Ma in quel momento la terra trema, e il fantasma del padre di Vitaliano gli ordina di non ucciderlo, dato che Giustino è suo fratello. Giustino si sveglia e scopre la sua parentela regale, e col fratello mette in atto il piano per rovesciare il vile Amanzio.
Amanzio infatti ha preso potere e ha fatto catturare Anastasio, Arianna e Leocasta. Mentre l'usurpatore si gode il trono, entrano Giustino, Vitaliano con Polidarte e i suoi armati che lo bloccano. Amanzio viene imprigionato, e Anastasio torna sul trono, ringraziando Giustino. Perdona Vitaliano e concede a Giustino il trono come co-imperatore e la mano di Leocasta. L'opera si conclude nel tripudio generale.


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