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lunes, 26 de septiembre de 2011

OperaRara: DONIZETTI: Elisabetta al Castelo di Kenilworth (Devia)



La que podría ser cuarta ópera de la Tetralogia Tudor de Donizetti, aunque es una ópera "menor" del autor, y poco conocida, con un argumento muy similar al de la superior "Roberto Devereaux" o a la Elisabetta Rossiniana, merece la pena darle una oportunidad.

Il castello di Kenilworth (or Elisabetta al castello di Kenilworth) is a melodramma serio or tragic opera in three acts by Gaetano Donizetti. Andrea Leone Tottola wrote the Italian libretto after Victor Hugo's play Amy Robsart (1828) and Eugene Scribe's play Leicester, in its turn after Scott's novel Kenilworth (1821). Daniel Auber composed another opera on the same subject, Leicester, ou Le château de Kenilworth (1823).

This opera represents Donizetti's first excursion into an aspect of English history and especially with the character of Elizabeth I, whose life he was to explore further in his operas Roberto Devereux and Maria Stuarda.

It received its first performance on the 6 July 1829 at the Teatro San Carlo, Naples.

Nel 1829 Donizetti aveva assunto, non senza esitazioni, l’incarico di direttore dei Reali Teatri di Napoli, già ricoperto da Rossini, Mercadante e Pacini. Quell’anno diede alla luce due melodrammi per il Teatro San Carlo di Napoli: Il paria e Il castello di Kenilworth . Nella primavera il musicista si ammalò seriamente, e fu costretto a posticipare il debutto previsto per il 30 maggio. Il melodramma esordì il 6 luglio, nel galà per «il faustissimo giorno natalizio» della regina. Donizetti riferisce delle accoglienze del pubblico napoletano in una lettera al maestro Mayr (24 luglio): assai applaudita alla prova generale, l’opera era stata accolta con freddezza la prima sera e aveva suscitato entusiasmo alla seconda rappresentazione del 12 luglio. Con lievi modifiche (la parte di Warney fu affidata a un baritono anziché a un tenore) venne ripresa l’anno successivo sempre al San Carlo col titolo Elisabetta al castello di Kenilworth . Il soggetto dell’opera deriva dal romanzo Kenilworth di Walter Scott del 1821, tradotto lo stesso anno da Gaetano Barbieri.

Nel corso del progressivo affrancamento dal modello stilistico rossiniano, Elisabetta sembrerebbe un momento di stasi, un ritorno a formule belcantistiche più convenzionali. Lo stesso Donizetti confidava a Mayr: «Non darei un pezzo del Paria per tutto il Castello di Kenilworth ». Eppure l’opera totalizzò dieci rappresentazioni nel 1829 e altre quattro l’anno successivo, mentre Il paria , presentato il 12 gennaio, non ne ebbe che cinque. Bisogna però tener conto che la trama dell’opera non si discosta sostanzialmente dall’ Elisabetta regina d’Inghilterra di Rossini (1815), che restò in repertorio al San Carlo fino al 1835, ed ebbe sette riprese nel 1829, tre mesi prima del Castello di Kenilworth . È lecito ritenere che Donizetti, affrontando un soggetto di tal successo, decise prudentemente di non discostarsi troppo dal linguaggio musicale di Rossini. Nell’opera si confrontano due ruoli femminili contrapposti affidati a due soprani, Amelia ed Elisabetta. Quest’ultima, con il suo canto ricco di vocalizzi e costellato di agilità, realizza l’idea di regalità secondo Donizetti: il suo ingresso ("Sì, miei figli, il più bel dono" I,6), preparato da squilli di tromba e da un coro festante e aulico ("Vieni, dell’Anglia grand’eroina" che Donizetti trasferirà con un curioso spunto umoristico nell’ Elisir d’amore - I,4 - come benvenuto a Dulcamara), è una fitta parata di colorature di stampo rossiniano; il linguaggio fiorito diventa veemente nella collera con Leicester ("Paventa o perfido") e viene esaltato nelle acrobazie del rondò finale ("È paga appien quest’alma"). D’altro lato Amelia, che ha una tessitura più acuta, si presenta con colorature piuttostro complesse nel dialogo con Leicester, ma non ha fioriture nel duetto con la regina ed espande la sua umanità nella struggente aria "Par che mi dica ancora" (III,2), con brevi ornamenti che ne sottolineano nostalgia e levità, e con l’insolito accompagnamento della glasharmonica. Nell’opera si distinguono in particolare i duetti, dai toni spesso accesi e veementi, mai convenzionali, e il quartetto conclusivo del secondo atto ("Dessa, Amelia, e alla regina"), secondo Ashbrook la «pagina migliore della partitura», in cui i protagonisti sono vividamente colti nel momento cruciale della vicenda. Il melodramma è tornato sulle scene moderne nel 1977 in Inghilterra e nel 1989 al Festival Donizettiano di Bergamo.

http://delteatro.it/dizionario_dell_opera/e/elisabetta_al_castello_di_kenilworth.php

Role Voice type Premiere Cast, 6 July 1829
(Conductor: Nicola Festa)
Elisabetta, Queen of England [1] soprano Adelaide Tosi
Roberto Dudley, Earl of Leicester tenor Giovanni David
Amelia Robsart, his secret consort soprano Luigia Boccabadati
Warney baritone Berardo Winter
Lambourne bass Gennaro Ambrosini
Fanny mezzo-soprano Virginia Eden
Knights of the queen, domestic servants of Leicester, guards, soldiers, people

Time: The reign of Queen Elizabeth I
Place: Kenilworth Castle

It is announced that Queen Elizabeth is to visit Kenilworth, the Earl of Leicester's castle. Leicester is a favourite of the Queen, but now has a new bride, Amelia Robsart, with whom he is in love. Fearing the Queen's displeasure, he asks his servant Lambourne to arrange for Amelia to be hidden until Elizabeth departs. Amelia is taken to a small cell in the castle by Leicester's equerry, Warney. He then tries to seduce her and tells that she has been placed there because her husband no longer loves her. When Amelia rejects his advances, Warney vows revenge.

Amelia manages to escape from the cell and in a secret garden of the castle encounters the Queen. She tearfully tells the Queen about her troubles with Leicester, whom she believes has betrayed her. The Queen goes to Leicester and Warney angrily demanding an explanation. Leicester reveals his marriage with Amelia to the Queen who becomes even more angry and dismisses him.

Warney, still desiring revenge, tries to poison Amelia, but is foiled by her faithful servant, Fanny. In the end, Elisabeth orders the arrest of Warney, pardons Leicester and Amelia, and approves their marriage to the jubilation of all. [2]


Elisabetta - Mariella Devia
Amelia Robsart - Denia Mazzola Gavazzeni
Alberto, conte di Leicester - Jozef Kundlák
Warney - Barry Anderson
Lambourne - Carlo Striuli
Fanny - Clara Foti

Orchestra e Coro della RAI de Milán
Jan Latham König, 1989




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